2018-09-21

Campione d’Italia e “il paese miliardario che fa tutto senza fare niente”

Così la rivista “Giorni” titolava un ampio servizio apparso sul finire degli anni Settanta sugli interessi che ruotavano attorno alla casa da gioco

di Claudio Redaelli
Si fa un gran parlare, da qualche settimana a questa parte, di Campione d’Italia e dei seri guai del suo Casinò.
L’enclave italiana in territorio elvetico è peraltro un po’ da sempre sotto i riflettori della cronaca. Basti dire che, già sul finire degli anni Settanta, di Campione e degli interessi che ruotavano attorno alla casa da gioco la carta stampata si interessò a più riprese, richiamata da quel “pezzo di terra” di 2.300 abitanti con un bilancio di 25 miliardi di lire.

La rivista Giorni inviò proprio in quel periodo il sottoscritto a Campione d’Italia per predisporre un servizio che “fotografasse” al meglio quella realtà, a suo modo singolare. Ne scaturì un articolo dal titolo emblematico: “Il paese miliardario che fa tutto senza fare niente”.
“Dal Casinò dipende tutta la vita di Campione - scrissi in quel servizio - e dal Casinò viene il giro di miliardi che appaiono nel bilancio del Comune. Il sindaco De Baggis “governa” il paese, controlla il Casinò, prende le decisioni su come utilizzare le favolose cifre che si ritrova nelle casse comunali. In margine a questa situazione, c’è l’assoluta impossibilità (sino ad ora) di controllare come viene utilizzato il patrimonio comunale e come vengono spesi i soldi. Ci sono poi tutti i problemi del comune, che non vengono affrontati da anni, come l’assoluta inesistenza di servizi sociali essenziali, lo squilibrio urbanistico favorito dal fatto che quel sindaco non ha mai voluto dotare Campione di uno strumento di programmazione”.
Nel dettagliato articolo veniva ricordato che c’era persino la piaga della disoccupazione, complice l’extraterritorialità. E poi c’era… il Casinò, “un giro d’affari vertiginoso, con una punta massima di entrata (nell’anno precedente la realizzazione del servizio in questione, ndr) di 250 miliardi.
“Un giro d’affari così grosso - scrissi ancora in quell’occasione - e soprattutto una fetta di guadagno così vertiginosa è chiaro che fa gola a molti. E’ così che, in previsione del rinnovo della concessione, è già in atto una faida senza esclusione di colpi per l’accaparramento di questa fonte di denaro…”.
E ancora: “La montagna di soldi che ogni anno entra nelle casse comunali potrebbe, se bene amministrata, servire a fare di Campione d’Italia un paese senza problemi. Tutto questo denaro, invece, viene speso e distribuito in maniera clientelare, senza risolvere i reali problemi… Manca un asilo nido, non ci sono servizi sociali, manca un piano regolatore, sono state poste soltanto delle “pezze” all’esigenza dell’edilizia scolastica, dilaga la disoccupazione soprattutto tra i giovani”.
Favorita anche dalla totale assenza di programmazione urbanistica, che aveva allargato la strada a inaudite speculazioni, c’era stata a Campione d’Italia in quegli anni la crescita di ville e palazzi occupati da ricchi e benestanti richiamati dal Casinò, punto di appoggio per le giornate di gioco o per gli altri traffici che si intersecavano in quel lembo di terra “fuori confine”.

“Non sono state costruite case per i lavoratori - scriveva la rivista Giorni - emarginati al punto che decine di loro sono costretti a trovare alloggio in quartieri-dormitorio di alcuni paesi vicini, svizzeri. Le famiglie dei lavoratori, a Campione, pagano sino a 250mila lire al mese per appartamentini di tre locali”.
Poi occorreva tener presente il costo della vita, non rapportato a quello italiano ma che era quello… svizzero. Un esempio? Il pane, che in Italia costava 660 lire al chilo, a Campione veniva fatto pagare 1.350 lire.
E c’era l’onere fiscale. Il cittadino-lavoratore di Campione, infatti, era tassato - per la legge italiana - in base alla capacità contributiva calcolata senza tener conto del reale costo della vita, ragione per cui il prelievo fiscale era quantomeno il doppio rispetto a quello dei cittadini di tutto il resto della nazione italiana.

Quindi un’amara conclusione: “Gravati dalle tasse e con un’amministrazione comunale ricchissima, i cittadini-lavoratori di Campione non hanno neppure la soddisfazione di poter usufruire di servizi pubblici rispondenti alle loro esigenze. C’è ad esempio un ambulatorio funzionante solo poche ore al giorno, non si parla neppure di asilo nido, non sono state programmate sufficientemente le scuole, tenendo anche conto dello sviluppo demografico. E anche il problema dell’ospedale diventa un dramma, non soltanto perché non esiste un’autoambulanza in grado di partire da Campione per raggiungere il più vicino ospedale, che è quello di Lugano, ma soprattutto perché i cittadini italiani di Campione non godono della stessa assistenza mutualistica di tutti gli italiani”.

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