2018-08-10

“Camera con vista”, quando Giancarlo Vitali disegnò la sua “discesa agli inferi”

Un’opera di pregio, che aveva voluto raccogliere la donazione fatta dall’artista bellanese dopo la mostra allestita all’ospedale Manzoni di Lecco nel 2005


di Claudio Redaelli
Era il giugno 2014 e a Lecco veniva presentato il catalogo Camera con vista, riflessioni in punta di matita di Giancarlo Vitali. Edita dall’Azienda ospedaliera e a cura di Elisabetta Parente, storica dell’arte, la pubblicazione raccoglieva una serie di disegni in cui il grande artista bellanese di recente scomparso “raccontava” l’esperienza da lui vissuta in prima persona presso l’ospedale Manzoni, dove - come spiegava lui stesso in un video - era stato ricoverato in due diverse occasioni.

Facendosi portare un blocco di carta e qualche colore, Vitali aveva iniziato la sua produzione realizzando una serie di disegni e una parte di quella produzione era poi stata donata all’Azienda ospedaliera che, con le tavole, aveva abbellito la “sala più importante” della palazzina amministrativa, allestendo nel 2005 una mostra permanente e realizzando successivamente, come detto, il volume Camera con vista. Un titolo scelto non a caso, ma che rimandava “all’uomo Giancarlo che è stato degente, ma anche all’artista che ha avuto uno sguardo in più”, come aveva sottolineato Elisabetta Parente.

In quella stessa occasione il mensile Il Punto Stampa aveva dedicato all’evento un dettagliato servizio a firma Gianfranco Colombo.
Scriveva dunque Colombo: “Il senso di questa operazione artistico-culturale è stato sintetizzato dal direttore sanitario Patrizia Monti: “Innanzitutto l’ospedale può e deve essere anche luogo di cultura: per lo più di cultura scientifica ma anche di cultura umanistica, di innovazione, di rapporti tra le persone, di comunicazione e l’arte è esattamente questo. Il secondo motivo è che tra Giancarlo Vitali e l’Azienda di Lecco si è instaurato un rapporto anche affettivo; non può che essere così quando tra l’ospedale e il bacino territoriale c’è un rapporto stretto, come nel nostro caso, e quando nel territorio provinciale risiedono cittadini “illustri”. È come se ci trovassimo di fronte a una persona di famiglia, in qualche modo meno estranea e più conosciuta, anche se attraverso i media, e ciò costituisce il presupposto per un atteggiamento persino più affettuoso. Il terzo motivo è che quando un artista vive l’esperienza di un ricovero ospedaliero, ne metabolizza l’esperienza e la restituisce, riesce a farlo con modalità che consentono agli altri di comprendere molto più di quanto non si riesca a fare con le parole, con la lettura dei questionari di gradimento o con il passaparola tra pazienti”.
L’articolo proseguiva: “Il volume Camera con vista è stato diviso da Elisabetta Parente in quattro sezioni: narrare lo spazio; scandire il tempo; catturare le espressioni; scegliere il punto di vista. In questo percorso Giancarlo Vitali narra, con l’intensità e l’ironia che gli sono proprie, la sua “discesa agli inferi” e lo fa con una leggerezza, che la curatrice ha più volte sottolineato.
“Il valore artistico delle riflessioni in punta di matita di Vitali - scrive Elisabetta Parente - ha la sua origine, prima ancora che nell’abilità tecnica, nell’alta qualità dello sguardo che, nell’ampio spettro della visione, seleziona e cattura solo quegli istanti che diventano ironiche icone del vivere l’ospedale… È raro che la vita non conduca un individuo a varcare la soglia di una struttura sanitaria, ma è ben più raro che da quella esperienza possa nascere materia viva, originale e ribollente come quella che Vitali è riuscito a condensare sulla carta”.

Il servizio di Gianfranco Colombo così continuava: “Nel 2005 furono esposti nell’aula magna dell’Ospedale Manzoni, sotto il titolo “Cartella clinica” ottantotto disegni e dieci dipinti a olio, che Giancarlo Vitali aveva prodotto in occasione di due ricoveri ospedalieri. Nel 2003 l’artista fu ricoverato, per una cardiopatia, proprio all’ospedale di Lecco. Iniziò così una personalissima via Crucis fatta di esami clinici, interventi, camici bianchi e via di questo passo, che ebbe anche due tappe nelle strutture ospedaliere di San Donato Milanese e Bellano.
In quei mesi di degenza il pittore Vitali non poteva cedere le armi completamente, non poteva lasciare campo aperto al Vitali malato; così tra una puntura e l’altra, ecco materializzarsi qualche schizzo appena accennato di quella vita da recluso. All’inizio erano probabilmente poco più che segni sulla carta, poi il pittore Vitali deve aver capito che quel malato con cui si trovava a condividere il letto poteva essere messo da parte, ogni tanto, e i segni sono diventati disegni e quei fogli hanno iniziato a trasformarsi nel diario sofferto e ironico, tragico e grottesco di quei mesi, di quella umanissima esperienza.


Sono così nati circa duecento disegni, alcuni dei quali sono confluiti e nella mostra e cinquanta sono stati donati all’ospedale di Lecco. Nell’introduzione al catalogo della mostra del 2005, il critico Marco Vallora scriveva: “Qui c’è come un deformato-bulimico occhio cannibale, che trova la sua salute nel tocco terapeutico del disegno-quasi pittura… Ed è proprio quest’odore-pittura inconfondibile di minestra-gabinetto-disinfettante-calore malsano, che ti prende alle narici… E ti vien subito addosso, come una zaffata, dalle tavole di questo Vitali, magnificamente rinato e sanato, proprio dentro la convalescenza distillata della pittura”.

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