2018-03-02

Elezioni 2018 - Ance: le costruzioni: motore del Paese


Nonostante la grave crisi che ha drasticamente colpito l’industria delle costruzioni dal 2008 ad oggi, il nostro settore rappresenta ancora l’8% del PIL, sia a livello nazionale che regionale. In termini di forza lavoro, inoltre, nella sola Lombardia il settore dà occupazione a 260 mila persone, che rappresentano oltre il 20% degli addetti del settore industria e più del 6% degli occupati in tutti i settori economici regionali. L’industria delle costruzioni, inoltre,
genera per la sua specifica tipologia una forte ricaduta sul mercato interno: ben il 97% degli acquisiti effettuati dal settore riguarda il “made in Italy”.
Tenuto conto che, secondo le stime dell’ISTAT, 1 miliardo di Euro investito nel settore genera sul sistema economico una ricaduta complessiva di 3,5 miliardi di Euro e produce un incremento di oltre 15 mila unità di lavoro (10 mila nel settore delle costruzioni e oltre 5 mila nei settori collegati), riportare al centro delle politiche il nostro settore significa:
  • far crescere il PIL di mezzo punto in più all’anno agganciando così i livelli di crescita degli altri paesi Ue;
  • recuperare i 600 mila posti di lavoro persi nel settore negli ultimi 10 anni. Riportare al centro delle politiche
    il settore delle costruzioni
    Le indicazioni di ANCE e ANCE Lombardia in vista del prossimo appuntamento elettorale nazionale e regionale.
    1. La manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture
    L’Italia ha un pesante ritardo infrastrutturale che rende urgente l’adozione di misure per accelerare la realizzazione di opere pubbliche necessarie per la qualità della vita e per la crescita. Manutenzione del territorio, sicurezza delle scuole e degli edifici pubblici, infrastrutture per la competitività delle città e dei territori sono indispensabili per lo sviluppo sociale oltre che economico del Paese.
    Mentre gli stanziamenti statali in conto capitale sono crollati (-43% dal 2008 al 2015), le spese correnti hanno continuato a crescere (+11,7%). I mancati investimenti nella manutenzione del territorio e del patrimonio infrastrutturale hanno amplificato le conseguenze provocate dai disastri naturali. Le procedure per la spesa delle risorse sono troppo lente e farraginose e impediscono l’apertura in tempi rapidi dei cantieri.
    A livello nazionale occorre:
  • liberare gli investimenti in infrastrutture dai vincoli di bilancio;
  • rendere operativo in tempi brevi piano statale da 140 miliardi per i prossimi 15
    anni;
  • circoscrivere il ruolo del Cipe alla programmazione e al controllo e ridurre i
    duplici passaggi decisionali sia tra i ministeri che presso la Corte dei Conti;
  • garantire una governance centrale delle procedure per dare avvio a programmi
    di manutenzione delle infrastrutture e del territorio.
    A livello regionale occorre:
    • dare avvio di un programma di manutenzione della rete infrastrutturale

    esistente, sia in termini di sicurezza, sia in termini di ammodernamento e integrazione, in chiave Smart Cities;
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  • completare in accordo con l’ANAS la programmazione infrastrutturale già definita, allo scopo di aumentare il grado di competitività e di attrattività dei nostri territori;
  • in termini di messa in sicurezza del territorio, dare avvio a un programma di opere per la mitigazione del rischio sismico, per il superamento del dissesto idrogeologico e per il rinnovamento degli edifici scolastici, utilizzando i fondi derivanti dal superamento del Patto di Stabilità;
  • continuare a porre estrema attenzione al Prezzario regionale per le Opere Pubbliche: uno strumento a cui l’Amministrazione vigente ha dedicato un apposito Tavolo, i cui lavori riteniamo debbano continuare anche nella prossima Legislatura.
    A livello territoriale occorre:
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 La risolvere in via prioritaria la situazione di stallo in cui versano i lavori per la Lecco-Bergamo, provvedendo a chiudere il contenzioso in essere, riappaltare i lavori e stabilire un cronoprogramma chiaro e preciso, recuperando le risorse mancanti per il completamento di un’opera vitale per il territorio;
completata la circonvallazione di Morbegno, mettere mano a quella di Tirano, risolvendo l’ultimo nodo nei collegamenti con l’alta Valtellina;
rilanciare il progetto del comitato Sondrio-Lecco-Como-Varese per la realizzazione di un peduncolo di collegamento tra la SS36 e il nuovo tracciato della Pedemontana, per migliorare gli spostamenti sull'asse interessato e i collegamenti interprovinciali;

migliorare in modo significativo gli attuali collegamenti ferroviari Sondrio- Lecco-Milano e Lecco-Bergamo, favorendo tutti gli interventi necessari a rendere conveniente il trasporto pubblico via ferro;
potenziare i servizi di navigazione sul ramo lecchese del Lago di Como, in un’ottica sia di mobilità alternativa che di sviluppo turistico del territorio;

dare attuazione ai collegamenti ciclopedonali e, in particolare, alla ciclovia sulla sponda lecchese del Lago di Como.
semplificazione delle procedure
Per ottenere un titolo autorizzativo occorrono tempi biblici. La burocrazia è un macigno che blocca il Paese e costa alle imprese circa 4,4 miliardi di Euro l’anno. Un costo altissimo anche in termini di competitività: secondo la Banca mondiale l’Italia è solo al 46° posto su 190 Paesi per facilità di fare business. L’eccesso di burocrazia significa più corruzione e porta alla deresponsabilizzazione dei funzionari pubblici.
A livello nazionale occorre:
  • semplificare tutte le procedure amministrative a carico delle imprese;
  • dare attuazione alla nuova Agenda per la semplificazione (2018-2020),
    attraverso la digitalizzazione e la messa a rete delle procedure;
  • realizzare un effettivo coordinamento legislativo tra norme che interessano la
    stessa sfera di intervento;
  • definire tempi perentori per le autorizzazioni delle pubbliche amministrazioni
  • istituzionalizzare tavoli di confronto aperti alla partecipazione delle
    organizzazioni di categoria;
  • rivedere il sistema di norme e procedure che consentono a chi opera nella
    Pubblica amministrazione di sfuggire alle proprie responsabilità.
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A livello regionale occorre:
  • procedere ad una profonda revisione della Legge regionale per il Governo del
    Territorio che abbia come obiettivo una vera semplificazione delle procedure ed una riduzione dei tempi per il rilascio delle autorizzazioni, liberalizzando il più possibile gli interventi sull’esistente e comprimendo i relativi oneri burocratici ed economici;
  • passare da una politica del controllo preventivo e asfissiante del progetto, che comporta anni di istruttoria amministrativa, ad un controllo a posteriori del realizzato rispetto al progetto presentato;
  • definire nel breve periodo gli strumenti in grado di risolvere le principali criticità connesse all’attuazione delle politiche di Rigenerazione urbana, individuando soluzioni per agevolare l’incremento degli indici urbanistici al fine di:
    • -  consentire la densificazione delle città;
    • -  favorire i cambi di destinazione d’uso degli immobili;
    • -  rispondere con tempestività alle esigenze della domanda rendendo il
      mercato immobiliare più efficiente;
    • -  risolvere il nodo della parcellizzazione proprietaria che risulta essere uno
      dei principali ostacoli al recupero degli ambiti di molte città.
      3. Il Codice degli Appalti
      Dopo quasi due anni dall’entrata in vigore dalla riforma, su 60 provvedimenti attuativi ne sono stati adottati meno di 1/3. Gli obiettivi prefissati dalla legge delega non sono stati raggiunti: la soft law, così come è stata attuata e il decreto correttivo del 2017 non sono riusciti ad imprimere il tanto atteso cambio di passo.
      A livello nazionale occorre:
  • ripensare il Codice al fine di impedire l’introduzione di livelli regolatori superiori
    a quelli imposti dalle direttive Ue (divieto di Gold plating);
  • predisporre un articolato più semplice, suddiviso in lavori, servizi e forniture,
    accompagnato da un unico regolamento attuativo, dotato di forza cogente, in cui far confluire la normativa di dettaglio e le linee guida Anac.
    A livello regionale occorre:
• introdurre una norma regionale attuativa del Codice degli Appalti, finalizzata
alla fornitura di indicazioni univoche alle Stazioni Appaltanti, specialmente ai Comuni, in un’ottica di semplificazione delle procedure e di rilancio degli investimenti.
4. La rigenerazione urbana
Secondo l’Istat nei prossimi anni la popolazione tenderà a diminuire, mentre il numero delle famiglie sarà in aumento e si concentrerà nelle aree urbane più sviluppate. La casa dovrà adattarsi ai nuovi stili di vita e soddisfare nuove necessità del vivere e dell’abitare. La sfida del futuro sarà, quindi, quella di rigenerare le periferie e le aree degradate delle città attraverso politiche mirate alla sostenibilità e alla sostituzione edilizia, evitando così ulteriore consumo di suolo.
A livello nazionale occorre:
• introdurre una norma nazionale che consenta di riconoscere la pubblica utilità

degli interventi, per conferire al Comune e al soggetto promotore del progetto particolari poteri d’azione;
  • definire una regia nazionale per le politiche urbane, con la creazione di un’apposita Agenzia che svolga attività di coordinamento e di supporto per le pubbliche amministrazioni;
  • introdurre un pacchetto di agevolazioni per promuovere processi di riconversione del patrimonio edilizio esistente, favorendo la demolizione e ricostruzione e le permute del vecchio con il nuovo.
    A livello regionale occorre:
  • portare a compimento il lavoro sviluppato, a partire dal giugno scorso, dal
    Tavolo di lavoro inter-direzionale che, oltre a favorire il confronto tra le Direzioni Generali regionali interessate dal tema, ha visto ANCE Lombardia e ANCI Lombardia collaborare per addivenire a tre bozze di provvedimento che saranno consegnate come patrimonio di idee (e di proposte concrete) da cui partire, nella prossima Legislatura, per dare avvio ad una politica regionale per la Rigenerazione urbana;
  • apportare le modifiche richieste al recente Regolamento per l’invarianza idraulica, il quale andrà quanto prima affinato per superare le criticità che presenta, con riferimento alla sostenibilità degli interventi di rigenerazione urbana;
  • lanciare alcune misure sperimentali per approcciare un nuovo rapporto tra Ente Locale e Operatore: si pensi, per esempio, all’opportunità da parte di Regione Lombardia di individuare un gruppo di esperti, con adeguate competenze, da mettere a disposizione degli Enti locali quale servizio di affiancamento per l’attuazione locale delle politiche di rigenerazione regionali;
  • riprendere in mano alcune misure lanciate dalla vigente Amministrazione sul fronte dell’attrattività e della promozione dei territori, proseguendo e mettendo a sistema il lavoro svolto con la misura AttrAct ed individuando ulteriori strumenti quadro di valorizzazione dell’offerta territoriale e di attrattività di investimenti in Lombardia, anche in chiave di partecipazione ai momenti di promozione offerti da vetrine internazionali quali Fiere come il MIPIM di Cannes.
    5. I servizi abitativi pubblici
    Regione Lombardia si è dotata nel 2016 di una Legge regionale che ha avuto il merito di fornire un quadro completo della disciplina regionale dei servizi abitativi pubblici e sociali, individuando i principi cardine della programmazione sul tema. Purtroppo tali principi non si sono ancora sostanziati in misure concrete, soprattutto per quanto concerne il tema dell’housing sociale.
    A livello regionale occorre:
  • introdurre strumenti innovativi che permettano di intercettare i temi della
    rigenerazione urbana, in un’ottica di riqualificazione del patrimonio abitativo pubblico, rispondendo alla pressione abitativa che insiste sul nostro territorio, anche a partire da quella fascia grigia rappresentata da quella parte di popolazione che non riesce ad agganciare il mercato libero, ma parallelamente non ha i requisiti per poter accedere ai servizi abitativi pubblici;
  • riflettere sulle risorse economiche che saranno dedicate al tema: nel corso degli anni abbiamo assistito alla drastica riduzione delle poste di bilancio sulla Casa; siamo consapevoli che la scarsità di risorse sia da imputare al mancato trasferimento di finanziamenti dal livello centrale, ma una risposta a questi


problemi va trovata e ciò può rappresentare per il settore, se si individuano strumenti sostenibili, una concreta opportunità di sviluppo.
6. Innovazione e formazione
Messa in sicurezza ed efficienza energetica del patrimonio edilizio. Rigenerazione delle città e paesaggio urbano. Investimenti pubblici per la realizzazione di infrastrutture di qualità. Sono alcuni dei temi chiave sui quali il settore verrà messo alla prova anche in termini di innovazione. L’industria non è solo manifatturiera: il settore delle costruzioni e la sua filiera incide in maniera significativa sul PIL del nostro Paese e della nostra Regione.
Il Piano industria 4.0 non è tarato sulle necessità del settore. Gli incentivi all’innovazione (maxi-ammortamenti) infatti, sono stati poco utilizzati. Per il settore non è un problema di strumenti, ma di processi.
A livello nazionale occorre:
• adottare un piano specifico per l’industria 4.0 delle costruzioni, con l’obiettivo di

creare una piattaforma digitale pubblica del settore.
A livello regionale occorre:
  • procedere nella direzione già assunta, a livello regionale, sul tema dell’abitare
    intelligente, avviando una linea stabile di sostegno alla filiera delle Costruzioni- legno-arredo-casa, individuando ulteriori temi di sviluppo della filiera e innestando la misura nel filone dei finanziamenti derivanti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2014-2020;
  • attivare strumenti che stimolino innovazione di processo, nell’ambito della digitalizzazione delle imprese, avviando un vero e proprio Piano Industria 4.0 di livello regionale che preveda misure di sostegno specifico per gli operatori del sistema delle costruzioni verso il nuovo paradigma e che permetta alle aziende di avviare una profonda riconfigurazione organizzativa, anche attraverso l’introduzione di strumenti di finanziamento che spingano gli operatori della filiera a ripensarsi per rispondere ai nuovi mercati;
  • nell’ambito della competitività e dell’internazionalizzazione, occorre pensare a misure di sostegno dedicate alla ricerca di nuovi mercati esteri dedicati, valorizzando le specificità del mondo delle costruzioni, passando dalla logica dell’export dei prodotti a quella dell’export delle aziende e del loro know-how;
  • in termini di finanziamenti per il settore, iniziare a riflettere circa la programmazione del POR FESR 2021-2027 per il rilancio del settore delle costruzioni e dei territori lombardi;
  • individuare e sviluppare strumenti di valorizzazione del capitale umano, sia del tessuto produttivo regionale che delle Pubbliche Amministrazioni, favorendo in particolare la domanda formativa delle imprese che esprimano fabbisogni di filiera e di settore e si indirizzino verso tematiche innovative, quali ad esempio le competenze connesse al paradigma dell’Industria 4.0.
    7. L’ambiente e l’economia circolare
    Il Codice dell’ambiente non tiene conto delle specificità dei processi e dei prodotti del settore in tema di economia circolare. La riforma delle terre e rocce da scavo rappresenta un’occasione persa per semplificare e agevolare le procedure: a differenza di quanto preannunciava l’art. 8 della legge n. 133 del 2014, le procedute indicate nel testo di Legge per la gestione delle terre e rocce da scavo non sono state definite
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secondo criteri di semplificazione e proporzionalità. Difatti, con l’entrata in vigore del DPR n. 120/2017 gli adempimenti a cui devono rispondere le imprese sono nettamente aumentati; ci si riferisce, in particolare, alla presentazione di Dichiarazioni sostitutive anziché di semplici comunicazioni, al preavviso di 15 gg per l’avvio dei lavori di scavo (prima inesistente), ai limiti per le modifiche della Dichiarazione di utilizzo e sulla proroga dei tempi di utilizzo (non previsti dalla normativa precedente). A tal riguardo si evidenzia che, qualora non venisse avviato un processo di revisione della normativa, l’attuale tendenza al conferimento dei materiali da scavo in discarica non potrà che accentuarsi (in quanto non vi è conoscenza, sin dall’origine, dei possibili siti di destinazione).
A livello nazionale occorre:
• attuare la definizione di rifiuto e sottoprodotto in modo snello e chiaro;
• rivisitare la riforma delle terre e rocce da scavo per semplificare gli

adempimenti relativi al riutilizzo in cantiere dei materiali.
A livello regionale occorre:
  • procedere ad un rinnovo entro aprile del Protocollo d’Intesa per la gestione dei
    rifiuti da costruzione e demolizione, siglato lo scorso aprile da ANCE Lombardia e Regione Lombardia, al fine di promuoverne, nell’ambito delle strategie di sviluppo dell’economia circolare, il corretto recupero e il conseguente utilizzo degli aggregati riciclati, in sostituzione dei materiali naturali di cava. I primi mesi di collaborazione hanno portato alla concretizzazione di buona parte degli obiettivi contenuti nel documento sottoscritto, quali: l’affidamento all’Università di Brescia di un’attività di studio per la definizione di “indicazioni e criteri per l’utilizzo degli aggregati riciclati nel settore edile, stradale e ambientale”; l’organizzazione di giornate di formazione rivolte a tutti i soggetti che, a vario titolo, sono coinvolti nella filiera e cioè imprese, liberi professionisti e pubbliche amministrazioni; lo stanziamento, nel bilancio regionale, di risorse finanziarie per la realizzazione di una banca dati degli aggregati riciclati disponibili sul mercato lombardo;
  • mantenere vivo il dialogo con il livello nazionale rispetto alle criticità derivanti dall’applicazione del DPR n. 120/2017. Al pari di altre Regioni è, altresì, indispensabile che venga predisposta una pagina “FAQ” (sul sito di ARPA Lombardia) mediante la quale sia possibile fornire risposte univoche ai principali quesiti degli operatori sull’applicazione della normativa;
  • approvare un nuovo testo di legge per la disciplina delle attività di cava. L’attuale legge regionale n. 14/98 non è più adeguata al mercato odierno che necessita di regole chiare e di univoca interpretazione, in grado di garantire l’operatività delle imprese nel tempo e la fornitura di materie prime ai settori industriali da esso dipendenti. La categoria ha bisogno di una revisione della normativa che assicuri la sana concorrenza tra le imprese e che riattivi le Amministrazioni Provinciali rispetto all’approvazione dei nuovi Piani cave. Dall’inerzia amministrativa degli ultimi anni sono, difatti, dipese importanti conseguenze economiche negative per le aziende collocate nei territori caratterizzati da una persistente assenza di strumenti pianificatori aggiornati. Si chiede, quindi, che vengano riattivati i lavori di definizione del PDL di revisione della L.R. 14/98 ed avviati gli opportuni confronti con i portatori d’interesse;
  • procedere, secondo quanto concordato dal gruppo di lavoro nella vigente legislatura, in tema di bonifica dei siti contaminati, dando seguito alle proposte condivise di modifica della normativa regionale e nazionale sul tema, utili a
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chiarire e semplificare alcuni passaggi riguardanti, prevalentemente, le procedure amministrative per i siti contaminati e potenzialmente contaminati; inoltre, considerando che le interconnessioni tra le attività di pianificazione territoriale e la disciplina sulle bonifiche rappresentano, il punto di partenza dei meccanismi di riqualificazione, in cui il bisogno di bonifica prevale sulla disciplina urbanistica, occorre:
prevedere la possibilità dello scomputo, anche parziale, dei costi di bonifica nell’ambito della computazione degli oneri di urbanizzazione, nonché la previsione di un albo regionale di laboratori accreditati ai fini della effettuazione, a carico dell’operatore, delle indagini ambientali, i cui esiti possano essere equiparati, ad ogni effetto, alle indagini condotte da ARPA
valutare la positiva esperienza svolta da altre Regioni (Emilia Romagna) in tema di identificazione di un Ente unico responsabile del procedimento tecnico e amministrativo concernente le procedure ambientali e le relative certificazioni e autorizzazioni.
8. Le politiche fiscali
La leva fiscale risulta strategica per qualsiasi disegno di politica industriale nel settore delle costruzioni. L’esempio europeo dimostra che per uscire dalla crisi è necessario utilizzare l'immobiliare come motore per la crescita e per creare nuova occupazione. La casa per troppo tempo è stata usata come un “bancomat” per le casse dello Stato: deve tornare a essere un valore e non solo un costo. Il gettito complessivo sugli immobili ammonta annualmente a oltre 40 miliardi di euro. Per le imposte patrimoniali si è passati dai 9 miliardi di euro di Ici 2011 ai circa 20 miliardi attuali di Imu e Tasi con esclusione prima casa. L’acquisto di immobili nuovi o completamente ristrutturati, e quindi meno inquinanti e più sicuri, è penalizzato rispetto all’acquisto dell’usato spesso obsoleto.
A livello nazionale occorre:
  • favorire l’investimento immobiliare
    • -  prevedendo un tetto massimo di prelievo
    • -  escludendo da Imu le aree edificabili ed eliminare la Tasi su tutto il
      magazzino delle imprese edili (fabbricati destinati alla vendita e aree
      edificabili);
  • riformare il catasto senza aumento del prelievo e che premi gli edifici ad alta
    efficienza energetica e sicurezza;
  • rivedere il regime fiscale degli affitti, estendendo la cedolare secca anche agli
    immobili locati da imprese e società;
  • assicurare la piena deducibilità delle spese di manutenzione degli immobili,
    locati e non, dalle imprese;
  • rendere gli incentivi fiscali per la riqualificazione più efficaci, premiando gli
    interventi più incisivi, rendendo strutturale la misura rafforzata ed estendendo a
    tutti la possibilità di pagare con la cessione del credito di imposta;
  • dare stabilità a medio-lungo termine agli incentivi fiscali per la messa in sicurezza degli edifici e la riqualificazione energetica del patrimonio
    immobiliare esistente;
  • accelerare gli iter autorizzativi dei lavori e assicurare un impegno dello Stato
    nella sensibilizzazione dei cittadini circa l’avvio degli interventi;
  • emanare i decreti attuativi per rendere operativo il Fondo per l’efficienza
    energetica, a supporto delle fasce deboli;
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  • favorire fiscalmente gli interventi di demolizione e ricostruzione, detassando l’acquisto del vecchio ed estendendo il contributo del “sismabonus” all’acquisto di case antisismiche nelle zone a rischio sismico 2 e 3;
  • prorogare almeno fino al 2020 la detrazione Irpef del 50% dell’Iva per l’acquisto di abitazioni in classe energetica A o B (impatto positivo sul mercato pari a 2 miliardi di Euro;
  • estendere l’obbligo della fatturazione elettronica anche tra soggetti Iva privati e superare così lo split payment (2,4 miliardi di Euro la perdita annuale di liquidità per le imprese).
    9. Lavoro, Sicurezza e Regolarità
    Il costo del lavoro in edilizia è il più alto di tutti i settori industriali. L’attività dei lavoratori del settore ha una sua specificità e non può essere equiparata a quella di altri comparti industriali. Si tratta di peculiarità che richiedono soluzioni specifiche per avviare un percorso virtuoso di occupazione, regolarità, ammortizzatori sociali, rioccupazione e prepensionamenti, all’interno del sistema bilaterale.
    Regione Lombardia negli ultimi anni ha fatto un ingente investimento per la gestione delle proprie banche dati e per la creazione di applicativi online. La Lombardia è stata, infatti, la prima Regione in Italia ad adottare un sistema informatico di trasmissione delle notifiche preliminari di cui all'art. 99 D. Lgs. 81/2008 TUS, con importanti ricadute in termini di ammodernamento del Paese e di semplificazione per le imprese. Negli ultimi anni, molto è stato fatto sulle piattaforme denominate “Impresa” e “Persona”.
    A livello nazionale occorre:
  • ridurre il costo del lavoro attraverso la ridefinizione del sistema contributivo,
    puntando all’equilibrio nelle singole gestioni tra quanto versato dalle imprese e
    quanto speso per le specifiche prestazioni;
  • rafforzare la verifica della regolarità delle imprese attraverso un sistema unico
    e integrato di gestione dei dati, superando la responsabilità solidale;
  • ridurre l’aliquota della cassa integrazione guadagni ordinaria in edilizia e
    rivedere i criteri per l’accesso;
  • rafforzare l’applicazione del ccnl dell’edilizia;
  • individuare incentivi e premialità per le imprese virtuose che, attraverso il
    sistema della bilateralità tutelano il lavoro legale e in sicurezza;
  • festinare agli enti formativi dell’edilizia il contributo dello 0,3% per la formazione ogni qualvolta non sia versato ai fondi interprofessionali di
    categoria;
  • semplificare il quadro giuridico in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
    limitando le procedure a carattere meramente formale ed eliminando gli oneri impropri e improduttivi, ma senza alterare i livelli di tutela dei lavoratori.
    A livello regionale occorre:
• sviluppare ulteriormente la rete informatica che ha implementato, integrando le
proprie banche dati con quelle degli altri Enti Pubblici quali, a titolo esemplificativo, INPS, INAIL, Camere di Commercio, Comuni e Ispettorati Interregionale e Territoriale del Lavoro, al fine di consentire un fattivo coordinamento nell'azione dei citati Enti. Dette integrazioni, infatti, consentirebbero una reale mappatura delle attività, attraverso cui sarà possibile individuare i soggetti che operano al di fuori delle regole, determinando squilibri sul mercato, a danno delle imprese virtuose, oltre a favorire il fenomeno del dumping sociale;
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• rendere fruibile tale patrimonio informativo anche ai corpi intermedi rappresentati, per il nostro settore, dalle Casse Edili e, più in generale, dalla Bilateralità edile lombarda (ovviamente nel rispetto della normativa sulla privacy) con l’obiettivo di perseguire in maniera sempre più efficace e concreta dialogo e integrazione di attività degli Enti Pubblici con i corpi intermedi e, per questa via, adottare azioni tese ad assicurare regolarità, legalità, trasparenza della filiera delle costruzioni e sicurezza nei cantieri.
10. Credito e qualificazione
La crisi ha determinato una deindustrializzazione del settore delle costruzioni che ha colpito soprattutto le piccole e medie imprese. In particolare, in questi anni, si è persa la metà delle imprese cosiddette medie (tra 10 e 50 dipendenti) considerate una delle ossature portanti del comparto. Le imprese del settore vivono una sempre maggior difficoltà di accesso al credito, testimoniato dal crollo del 70% degli affidamenti tra il 2006 e il 2017.
A livello nazionale occorre:
  • completare la riforma del Fondo di Garanzia per le pmi del Mise, tutelando le
    imprese che appartengono ai settori più a rischio come le costruzioni;
  • concedere una seconda opportunità alle imprese economicamente sane che
    hanno subito, più di tutte, la crisi del mercato;
  • individuare un sistema di regole per l’accesso al mercato dei soggetti che
    operano nel settore, introducendo una qualificazione degli operatori per premiare le imprese migliori favorendone la crescita.
    11. Maggiore autonomia regionale, ridefinizione del ruolo degli enti intermedi e introduzione di una delega regionale specifica per il settore
  • Nei prossimi mesi Regione Lombardia, ad esito del referendum per l’autonomia, sarà impegnata nella costruzione di una proposta finalizzata alla ricerca di maggiori spazi su diverse materie che dovrà concordare con il Governo. In quest’attività il ruolo rappresentato dagli stakeholder del mondo associativo rappresenta una risorsa da cui attingere suggerimenti e riflessioni utili a costruire un modello di governance. Il processo autonomistico deve rappresentare l’occasione per semplificare i rapporti tra Istituzioni, Cittadini e Imprese e per ridurre il peso burocratico che spesso attanaglia chi intende investire sul territorio. È inoltre fondamentale che nella definizione delle nuove competenze regionali non vengano lasciate zone d’ombra o sovrapposizioni tra il livello regionale e quello statale: deve essere chiaro “chi fa che cosa”. È inoltre fondamentale che Regione Lombardia disponga di risorse adeguate per attuare effettivamente le nuove competenze, al fine di evitare che questo processo si riduca ad una enunciazione sulla carta, senza effettività.
  • Un nodo cruciale che ci aspettiamo la nuova legislatura affronti è rappresentato dalla definizione del ruolo degli Enti intermedi tra Regione e Comuni. Cruciale sarà la direzione che si intende seguire: si andrà verso un superamento delle Province? Si introdurranno nuovi Enti di area vasta? Su questo tema molto potrà essere stabilito nell’attività di aggiornamento del Piano Territoriale Regionale: occorre approvare un Piano più semplice e di indirizzo, che tracci le strategie di sviluppo regionale affinché vengano attuate direttamente dai livelli locali.
  • Il settore delle costruzioni ha inoltre la necessità di avere un interlocutore istituzionale unico a cui far convergere tutte le istanze di una categoria che ha un carattere fortemente trasversale. Per tale ragione, anche al fine di valorizzare lepeculiarità che lo contraddistinguono, riteniamo fondamentale che nella costituzione della prossima Giunta regionale venga individuata una specifica delega per il Settore. page10image1692048

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