2018-02-06

Sanremo e quell’ultima foto scattata a Tenco nel ’67 dal mandellese Casari


di Claudio Bottagisi
Sono passati otto anni dalla scomparsa di Renato Casari, fotografo e giornalista di origini emiliane che per oltre 50 anni ha vissuto tra Milano e Mandello, dove risiedeva in via Manzoni.

A lui si lega un episodio riferito alle ultime ore di vita di Luigi Tenco e al Festival di Sanremo del 1967. Fu infatti lui a fotografare il cantante per l’ultima volta, prima del tragico epilogo di quella sera di fine gennaio appunto del ’67, quando in una stanza dell’hotel Savoy Tenco, appena escluso dalla finale con il brano Ciao amore ciao, decise di porre fine ai suoi giorni con un colpo di pistola alla tempia.
Casari, classe 1922, era andato a quel Festival come corrispondente dell’agenzia milanese Publifoto e per conto della Domenica del Corriere.
Aveva sostituito la sua “Exacta Varex”, acquistata nel ’50, con una “Rolleiflex T35” e quella sera aveva scattato molte immagini. Poi, una volta spente le luci della ribalta nel salone delle feste del Casinò, aveva intervistato - e appunto fotografato - vari cantanti, raccogliendo gioie e delusioni di vincitori e sconfitti. Tra questi ultimi vi era Luigi Tenco.
“La notizia della sua eliminazione - ebbe modo di raccontarci anni fa Casari - cadde come fulmine a ciel sereno su noi giornalisti e fotografi, ma Tenco era introvabile. Soltanto verso mezzanotte un cameriere mi disse che il cantante si era rifugiato in un ripostiglio sotterraneo del Casinò”.
“Lì  in effetti Tenco stava discutendo con Dalida, che aveva eseguito con lui Ciao amore ciao - aggiunse il fotografo - e si interrogava sui motivi della clamorosa bocciatura. Lo raggiunsi. Dopo aver letto il mio tesserino di riconoscimento appeso alla giacca, Tenco mi pregò di portare i suoi saluti a Vittorio Franchini, all’epoca vicedirettore della Domenica del Corriere. Lo ringrazi, mi disse, per quello che ha scritto. Mi ha dato fiducia e gliene sono grato. Scattai alcune foto, che per 25 anni sono rimaste dapprima negli archivi della “Publifoto” e successivamente in quelli di un’altra agenzia milanese. All’inizio degli anni Novanta sono finite nella redazione di un quotidiano milanese, peraltro introvabili. Così di Tenco mi è rimasta soltanto una foto…”.
Ce la mostrò, Casari. Una sola foto, uno scatto che ritraeva Tenco sorridente. Un “flash” che strideva con le immagini di morte che neppure due ore dopo la Polizia di Sanremo avrebbe scattato in quella stanza - la 219 - del “Savoy”.
“Feci quella foto - ci ricordò sempre Renato Casari - poco prima di lasciare il locale dove si era “rifugiato” Tenco e dopo averlo sollecitato a non essere troppo serio né eccessivamente amareggiato per quella inattesa bocciatura. “E’ soltanto un Festival e allora Evviva Sanremo”, gli dissi. Lui mi sorrise, mi guardò e pronunciò la mia stessa frase. “Evviva Sanremo”, mi ripetè. Io scattai, salutai e mi congedai da lui”.
Dopo aver lasciato il Casinò, Casari tornò al suo albergo. Un paio d’ore più tardi un collega lo svegliò per dirgli che Luigi Tenco era morto suicida.

“Andammo immediatamente al “Savoy” - ci spiegò il fotografo - e là trovammo una grande ressa. C’erano Claudio Villa, Caterina Caselli e molti giornalisti. A noi fotografi fu impedito di raggiungere la stanza di Tenco. Vidi però i necrofori salire al piano superiore dell’albergo. Alle 5 del mattino me ne andai e a quell’ora la bara non era ancora scesa”.

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